Qui al nostro spazio interviste al Summer Fancy Food Show di New York, nel cuore pulsante del Padiglione Italia, abbiamo avuto il piacere di incontrare una delle figure chiave dietro l’organizzazione di uno degli eventi più importanti del settore alimentare a livello mondiale. Chris Nemchek è il Vicepresidente della fiere presso la Specialty Food Association, l’organismo che da 70 anni promuove e sostiene il settore dei prodotti alimentari di nicchia negli Stati Uniti e nel mondo. Con lui abbiamo parlato dell’evoluzione del mercato, dell’importanza della sostenibilità e del ruolo sempre più decisivo che eventi come il Fancy Food giocano nella diplomazia economica e culturale globale.
Che cosa significa, oggi, organizzare un evento come il Fancy Food Show?
Organizzare una fiera come questa, che ha alle spalle 75 anni di storia, è una grande responsabilità. Potremmo fare ogni anno la stessa fiera, ma così facendo ci troveremmo rapidamente fuori passo con i tempi. Il nostro compito è mantenerla viva, fresca, rilevante. Cerchiamo costantemente nuove modalità per favorire l’incontro tra acquirenti e venditori di prodotti alimentari di nicchia: in modo formativo, in contesti di business face-to-face, o attraverso esperienze innovative.
Un elemento fondamentale è rappresentato dalle giovani aziende che partecipano per la prima volta. Per loro siamo un punto di riferimento: le accompagniamo, le formiamo, le aiutiamo a crescere. È da lì che nasce l’innovazione. Il nostro ruolo è proprio quello di trasformare le piccole realtà in aziende pronte a competere sul mercato internazionale.
In un panorama in cui termini come “artigianale”, “autentico” e “sostenibile” vengono spesso abusati, che ruolo ha una fiera come la vostra nel formare e orientare il settore?
Un ruolo decisivo, e che va ben oltre la comunicazione. Innanzitutto, ci assumiamo la nostra parte di responsabilità diretta. Il Javits Center, dove ci troviamo ora, è uno dei più grandi centri congressi degli Stati Uniti: un evento come questo genera inevitabilmente un impatto ambientale. Ma ci impegniamo a ridurlo al minimo, con pratiche sostenibili concrete. New York ci ospita, e vogliamo essere all’altezza di questa accoglienza anche dal punto di vista ecologico.
Per quanto riguarda i nostri espositori e visitatori, invece, il nostro obiettivo è formare, sensibilizzare, anticipare i trend. Parliamo di packaging, di ingredienti, di materiali sostenibili, ma anche di filiere consapevoli e approcci etici alla produzione. E non lo facciamo da soli: ci circondiamo di esperti del settore, li invitiamo a far parte della nostra rete, e con loro infondiamo competenza nei nostri oltre 4.000 associati. Educare è uno dei pilastri della nostra missione.
Con un numero sempre crescente di partecipanti da tutto il mondo, secondo lei che ruolo può giocare il Fancy Food nella diplomazia alimentare e nei rapporti internazionali?
Oggi più che mai, la nostra fiera è una piattaforma strategica per la diplomazia commerciale e culturale. In un contesto economico instabile, con guerre, tensioni, dazi e mutamenti rapidi nei mercati globali, non tutti i paesi si sentono pronti a investire. Alcuni aspettano. Ma altri, con coraggio, colgono l’opportunità e vengono qui, negli Stati Uniti, proprio al Fancy Food Show.
Siamo orgogliosi di essere il principale punto di accesso al mercato americano per il settore alimentare. Quest’anno abbiamo ospitato oltre 55 paesi. Nessun’altra fiera alimentare negli Stati Uniti può vantare una simile presenza internazionale. E per molti, partecipare qui significa mettere il primo piede in un mercato complesso ma estremamente redditizio come quello statunitense. Soprattutto a New York, dove tutto è più competitivo, ma anche più promettente.
Qual è il vostro approccio nei confronti delle aziende italiane, e come si inserisce l’Italia all’interno di questo sistema?
L’Italia ha un ruolo speciale. La collaborazione con Universal Marketing è per noi fondamentale. L’Italia è, senza dubbio, il punto di riferimento per tutti gli espositori internazionali. I prodotti italiani non solo sono riconosciuti per la loro qualità e autenticità, ma definiscono uno standard che tanti cercano di raggiungere.
Il Padiglione Italia è sempre uno dei più visitati e più apprezzati della fiera. Per noi, la partnership con l’Italia non è solo strategica: è un esempio virtuoso di come si possa creare un ecosistema di valore che fa bene al business, alla cultura e alla reputazione internazionale del Made in Italy.
Guardando al futuro, come immagina l’evoluzione del Fancy Food Show nei prossimi anni?
Immagino una fiera sempre più dinamica, interattiva, globale. Il nostro obiettivo è continuare a rinnovare la formula, a intercettare le esigenze di un settore in costante mutamento. Le sfide non mancano: sostenibilità, innovazione digitale, logistica, educazione alimentare. Ma sono anche le nostre grandi opportunità.
Vogliamo continuare a essere un punto d’incontro dove idee, prodotti e persone si connettono. E vogliamo farlo creando valore per tutti: dal piccolo produttore artigianale che cerca un primo distributore negli USA, alla grande azienda internazionale che punta a rafforzare la propria presenza sul mercato.
Un messaggio finale per le aziende italiane che guardano agli Stati Uniti come nuova frontiera?
Il mercato americano è complesso, ma se affrontato con serietà e preparazione, può essere incredibilmente gratificante. Il Fancy Food Show è il luogo ideale per iniziare questo percorso. Siate chiari nella vostra proposta, autentici nella vostra identità, pronti a imparare. E soprattutto: non aspettate che sia troppo tardi. Questo è il momento giusto per investire, crescere e costruire relazioni durature.
Noi siamo qui per accompagnarvi in questo cammino.
L’articolo Chris Nemchek: “Così costruiamo il futuro dell’alimentare globale partendo dai giovani brand” proviene da IlNewyorkese.