“Vivere all’italiana è il nostro vero Made in Italy”: intervista a Marco Bruschini dal Fancy Food

Dal turismo alla comunicazione istituzionale, Marco Bruschini oggi guida la promozione del Ministero dell’Agricoltura tra prodotti, cultura, stile di vita e relazioni internazionali. Lo abbiamo incontrato al Fancy Food di New York per parlare di diplomazia del gusto, storytelling territoriale e del valore – anche politico – della nostra cucina nel mondo.

Partiamo da una constatazione. Il Made in Italy gode ovunque nel mondo di una reputazione eccezionale, ma a volte rischia di essere ridotto a una gamma ristretta di prodotti. Occasioni come il Fancy Food permettono invece di mostrare l’ampiezza e la varietà della nostra offerta agroalimentare. In questo contesto, qual è il ruolo del Ministero dell’Agricoltura nella promozione dell’autenticità e nella lotta al fenomeno dell’Italian sounding?

Il Made in Italy significa due cose: “ben fatto” e “buono”. “Ben fatto” riguarda ogni aspetto del nostro saper fare, mentre “buono” si riferisce in particolare al cibo e alle eccellenze dell’agroalimentare. Il Ministero sta facendo sistema. Forse per la prima volta, questo governo è riuscito a creare una sintesi efficace tra tutti i ministeri che si occupano di Made in Italy. Lo abbiamo fatto, ad esempio, con il tour mondiale dell’Amerigo Vespucci: due anni in giro per il mondo a promuovere le nostre eccellenze.

E lo stiamo facendo anche qui al Fancy Food, in collaborazione con ICE e con tutte le rappresentanze diplomatiche italiane, che giocano un ruolo fondamentale nel costruire relazioni forti con i territori in cui operano.

Siamo venuti qui anche per lanciare un messaggio forte: è curioso che la cucina italiana non sia ancora patrimonio immateriale dell’UNESCO. È una cosa che diamo per scontata, perché la cucina è parte integrante del Made in Italy. Eppure, solo con questo governo ci si è accorti che non era ancora riconosciuta. Pensiamo che, ottenendo questo riconoscimento, non solo valorizzeremmo ancora di più la nostra cucina, ma daremmo anche lustro alle altre quattro che già lo sono, contribuendo tutte insieme a fare un salto di qualità nel panorama internazionale.

Oggi si parla tanto di storytelling, branding, narrazione dei territori. Quanto contano questi aspetti nella promozione del Made in Italy? E che ruolo ha la cultura – persino l’emozione – nel costruire un immaginario condiviso attorno all’Italia, per i consumatori ma anche per gli imprenditori?

Non è un caso se il Ministro Lollobrigida ha scelto come responsabile della comunicazione una persona che proviene dal mondo del turismo. Ho fatto promozione turistica istituzionale per 30 anni e credo fermamente che turismo e agroalimentare debbano lavorare insieme. Il turismo non è delocalizzabile: per vedere le nostre bellezze e gustare i nostri cibi si può avere un primo approccio all’estero, ma poi bisogna venire in Italia.

Il Made in Italy non è solo prodotto: è anche uno stile di vita. Vivere all’italiana è qualcosa che affascina profondamente chi ci guarda da fuori. Ho vissuto il 70% della mia vita professionale all’estero, per dodici anni ho lavorato per l’Ente Nazionale del Turismo. Vi posso assicurare che fuori dall’Italia c’è una considerazione del nostro Paese persino superiore a quella che abbiamo noi stessi.

Io dico sempre: se fossimo anche solo il 50% innamorati e fieri dell’Italia quanto lo sono gli stranieri dei loro paesi, saremmo ancora più forti e attrattivi di quanto già siamo. Oggi l’Italia è un paese sexy, desiderabile. Per le sue eccellenze, per la sua cultura, per il suo modo di vivere.

Hai parlato anche della presenza del Ministro qui al Fancy Food. Possiamo dire che eventi di questo tipo hanno anche un impatto politico? La diplomazia culturale può incidere sull’export e sul posizionamento strategico dell’Italia nel mondo?

Assolutamente sì. Il ruolo dell’Italia nel mondo sta cambiando, e sta crescendo. Negli ultimi tre anni abbiamo visto segnali concreti di questo rafforzamento. Ad esempio, ieri il Ministro Lollobrigida è stato il primo ministro dell’Unione Europea ricevuto dal Ministro dell’Agricoltura americano, Tom Vilsack. È un segnale forte di considerazione internazionale, non solo per il nostro paese, ma anche per il lavoro instancabile che il Ministro sta portando avanti.

Rafforzare le relazioni tra Italia e Stati Uniti – e più in generale tra Italia e il resto del mondo – vuol dire affermare la nostra cultura, i nostri valori, la nostra visione della società. Ma vuol dire anche contribuire alla costruzione di stabilità e crescita, in un momento storico segnato da guerre e tensioni globali. Abbiamo bisogno di pace, di cooperazione, e ognuno di noi – a partire da chi ci governa – deve fare la propria parte per realizzarla.

Siamo all’ultimo giorno di Fancy Food. Ti chiedo, per concludere, un commento di pancia: quali emozioni ti porti a casa da questa esperienza?

Hai usato un’espressione azzeccatissima: “di pancia”. Dopo quattro giorni qui, torniamo in Italia non solo con la pancia più piena, ma anche con un carico emotivo importante.

Sono stati quattro giorni intensi, ricchi di confronto, valorizzazione delle nostre eccellenze, e orgoglio nazionale. Fancy Food è una grande vetrina per l’Italia. Quindi: lunga vita al Fancy Food e viva l’Italia!

Grazie Marco per il tuo tempo, per la tua presenza istituzionale, e per il lavoro che fai nel promuovere il Made in Italy nel mondo.

Grazie a voi per quello che fate. Davvero, grazie di cuore.

L’articolo “Vivere all’italiana è il nostro vero Made in Italy”: intervista a Marco Bruschini dal Fancy Food proviene da IlNewyorkese.

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